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Formaggi Di Sardegna

Nella cultura millenaria casearia della Sardegna i formaggi sono un’arte consolidata che si rinnova quotidianamente portando a tavola la tradizione nel sapore dei suoi caci.

Il Pecorino Sardo risale alla notte dei tempi quando la popolazione Nuragica si dedicava all’allevamento degli ovini. Gli ovini erano produttori di latte di qualità, ottima materia prima per il pecorino, grazie al perfetto clima dell’isola, dove i prati sono ricoperti da una ricca vegetazione, fonte nutritiva dalle pecore di razza sarda, una razza rustica discendente dal Muflone. Le zone a pascolo si estesero anche a causa del ricorrente disboscamento selvaggio in favore delle coltivazioni intensive di grano procurato dai vari invasori e dominatori succedutisi in Sardegna, garantendo sempre più spazio di pascolo ai greggi. La produzione del formaggio di pecora è stato raccontato dagli antichi latini come Varrone, Galeno, Virgilio e Plinio il Vecchio. 

Il Pecorino Sardo DOP risale alla fine del ‘700. Con il passare del tempo le tecniche di lavorazione si sono raffinate creando una miscela vincente tra la tradizione e le più moderne pratiche di trasformazione del latte. Tra la fine dell’800 e gli inizi del ‘900 sono stati introdotti l’uso del termometro, la filtrazione del latte e l’impiego di caglio liquido garantito. Sono state migliorate le condizioni igieniche di trasformazione, poiché il mercato richiedeva formaggi  tutelati nell’aspetto igienico-sanitario. Dagli anni ’60 il continuo perfezionamento della produzione del Pecorino Sardo non ha mai dimenticato gli insegnamenti della tradizione. Ancora oggi sono molti i pastori che, vivendo una vita fatta di sapori, profumi e consuetudini antichissime, allevano il gregge, a volte in stato semibrado, e si dedicano alla  produzione tradizionale. Assistere alla preparazione del formaggio oggi si ha l’occasione di fare un prezioso viaggio nel tempo passato. 

Il pecorino è sardo. Infatti i vari pecorini romani o di Pienza sono prodotti da pastori che dalla Sardegna si sono spostati in continente con i loro greggi: “andavamo alla stazione, caricavamo le pecore prima sul treno e poi sul vaporetto per Civitavecchia”, continuando a fare il loro mestiere anche lì.

Abbiamo tre eccellenze tra i formaggi  sardi, che fanno parte dei Presidi Slow Food in Sardegna: 

  1. Fiore Sardo
  2. Pecorino di Osilo
  3. Casizolu

Il Fiore Sardo: Il gusto generoso del Fiore Sardo ha attraversato i millenni per arrivare intatto sino a noi. Era il formaggio per eccellenza dei pastori sardi, il cacio che prevaleva. E’ un formaggio nobile, antico, dalla forte personalità con le sue ruvidità organolettiche, soprattutto quando è molto stagionato. E’ il tipico prodotto di ovile che nel nuorese, e in particolare nella Barbagia, trova il suo luogo d’elezione. La tecnica usata agli albori della civiltà è rimasta immutata. Procedure che tuttavia richiedono l’esperienza artigiana, attenzione, pazienza e cura. Il latte intero, di pecore di razza Sarda, viene messo appena munto in caldaie di rame a 32° e coagulato con caglio d’agnello che in genere il pastore stesso produce. Dopo circa mezz’ora, la cagliata si rompe depositandosi sul fondo delle caldaie, da dove viene raccolto e messo nelle forme pischeddas. Qui viene spremuto per spurgare il siero il più possibile. Quando la forma è ben solida, si lascia riposare per un giorno intero, e poi si immerge nella salamoia, dove rimane una decina di ore per ogni chilo di formaggio. Successivamente le forme sono messe per due settimane su un graticcio di canne, sa cannizza, vicino al fuoco per asciugarsi e affumicarsi. Viene poi messo in un ambiente fresco e asciutto, per la stagionatura di mesi fino a maturazione, unto periodicamente con aceto di vino, olio di oliva e sale. Una tecnica primitiva che richiede tutta la sapienza e la pazienza del casaro. E, finalmente pronto, ecco la perfetta combinazione per consumarlo:Pane e casu, binu a rasu (pane e formaggio, e un bicchiere di vino colmo fino all’orlo).  Il nome “fiore” potrebbe derivare o dal fiore del cardo utilizzato come caglio, oppure per gli  stampi di legno di pero selvatico, o di castagno sul cui fondo era scolpito un fiore simile all’asfodelo o alla rosa peonia, spesso con le iniziali del produttore, lasciando così il proprio marchio sulla crosta. Il Fiore Sardo è l’unico formaggio ovino DOP in Sardegna a latte crudo e a pasta cruda, oltre ad essere un presidio Slow Food (scopri un altro presidio Slow Food di Sardegna: Sa Pompia).

Pecorino di Osilo: Nella tradizione agropastorale della Sardegna il Pecorino di Osilo occupa un posto di privilegio, rimarcato dalla scelta della fondazione Slow Food. È un formaggio ovino a latte crudo, prodotto nella provincia di Sassari e in particolar modo a Osilo, che è il prescelto. È un po’ più piccolo dei soliti pecorini sardi, la crosta è sottile e di colore giallo pallido, come la pasta. Il “casu fattu a fogu” (formaggio fatto col fuoco) è l’antico formaggio di pastori, prodotto negli ovili o in casa dei pastori, con caldaie in rame stagnato, con il tavolo spersore, la rotella o chiova in legno (in sardo mòriga), gli stampi in banda stagnata (oggi  anche in materiale plastico), i teli di cotone, lino (oggi anche in fibra sintetica), la pressa meccanica e il cassone di stufatura. Il Pecorino di Osilo si produce con lo stesso metodo da più di un secolo, che segue il disciplinare che l’ha reso un presidio agroalimentare. Il Presidio riunisce i produttori di Osilo che si sono riuniti in una associazione. Attualmente però quasi tutti i produttori lo danno agli stagionatori che si occupano del prodotto nei cinque o sei mesi successivi: le forme vanno ciclicamente capovolte e lavate con acqua e salamoia, unte con olio di oliva e sono conservate in locali di stagionatura naturali. Il profumo è quello tipico del formaggio ovino: note di lana, legno secco e talvolta di erbe aromatiche. Il gusto invece è particolare: burroso, fondente, con note di nocciola tostata. Con il siero rimasto dalla lavorazione del pecorino viene fatta la ricotta a forma di pagnotta ambrata dal sapore intenso, fresco e leggermente affumicato, chiamata mustìa proprio perché il trattamento finale di affumicatura. Il pecorino spalmato di miele è da assaggiare, ma anche fave e pecorino sono un’accoppiata vincente!

Il Casizolu: La "pera" salata del Montiferru, un angolo della Sardegna centro-occidentale, che prende il nome dal massiccio omonimo, si produce un antico e pregiato formaggio di latte di vacca a pasta filata: il Casizolu. Le origini di questo formaggio sono antichissime; se ne hanno tracce sin dal XIV secolo. Il Casizolu del Montiferru è un presidio Slow Food ed è un formaggio che si adatta ad ogni tipo di pietanza: poco stagionato è ottimo anche alla piastra. Stagionato bene viene grattugiato sulla trippa o nell'impasto delle polpette. Per tradizione lo facevano le donne. Ha una lavorazione di fatica e di pazienza e, una volta completata la preparazione della filatura della cagliata e della modellazione con la buccia liscia e lucente, viene seguito come una creatura, accoccolandolo per non fargli rovinare la forma a pera e dopo qualche giorno si appende al soffitto in un posto asciutto e areato. Ha un profumo che richiama il verde dell'erba, il bosco, le foglie misto a latticello. Il sapore ha un finale ammandorlato. Dopo la filatura della pasta, l’acqua del siero, il s’abbagasu, non si butta via ma essendo un brodo gustoso che si usa per fare profumate minestre al formaggio. Accompagnato da un bicchiere di Mandrolisai o un Madrigal di Terralba (entrambi vini rossi DOC), si raggiunge la perfezione citata da Michel Tournier: "Il formaggio costituisce, con il pane e il vino, la trinità della tavola europea."

“...più che vino, il miele, raffreddandosi ma non del tutto, condiva il pranzo, in esso immergevano le bianche fette del formaggio fresco, il formaggello arrostito…” (Grazia Deledda)

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di Daniela Toti

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