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La Scrittura degli Antichi Sardi

Quando nell’80 arrivai per la prima volta in Sardegna, non conoscevo l’esistenza della Civiltà Nuragica. Oggi mi sembra quasi incredibile ma, mentre il suo mare dai colori incantevoli era stato identificato e lanciato turisticamente negli anni sessanta da Karim Aga Khan, della sua incredibile antichissima civiltà poco si sapeva ma soprattutto poco si diceva. Per troppi anni infatti si è creduto che gli antichi Sardi fossero un popolo di pastori analfabeti, che per non essere assoggettati alle continue invasioni che subivano dal mare, si erano ritirati all’interno dell’isola dediti ad una vita agro pastorale. Tuttavia, oggi la storia e l’archeologia affermano che non fu così, bensì ci provano che in Sardegna ha vissuto lasciandoci ampia testimonianza, una civiltà assai evoluta: la Civiltà Nuragica

È nel XIX secolo che nasce la ricerca scientifica archeologia pre e protostorica attraverso le spedizioni di ricerca sul campo con scavi. In Sardegna negli anni ‘30 e ’40 l’archeologo e studioso Doro Levi (vedi link) riprese gli scavi di Anghelu Ruju-Alghero, le ricerche nel complesso di Cabu Abbas e nei pozzi sacri di Sa Testa-Olbia e Milis-Golfo Aranci (vedi link), nel villaggio nuragico di Serra Orrios, lo studio di bronzi nuragici e altro ancora. Nel 1943 inizia l’attività Giovanni Lilliu, forse il più grande studioso della civiltà nuragica, tra i tanti suoi lavori lo scavo del Complesso Nuragico di Barumini (dal 1951 al 1956). È però solamente negli anni ’60 e ’70 che l’idea di un’Isola la cui storia non è marginale ma piuttosto incisiva nel contesto del Mediterraneo occidentale prende consistenza. Con l’archeologia preistorica, iniziò anche quella fenicio-punica in Sardegna, vedi la  Fortezza Nuragica Di Monte Sirai, sito abitato da genti nuragiche e fenicie e testimonianza di una comunità sardo-fenicia integrata, e la Città Fenicia di Tharros.  Da allora e fino ad oggi altri studiosi hanno compiuto scavi, studi e censimenti sulle  Domus de Janas di Malghesi, de Le Tombe dei Giganti e dei siti di culto nuragici dedicati alle acque dei Pozzi Sacri e Fonti Sacre.

La relativamente recente rivalutazione degli eventi antichi, che ha in Sardegna un giusto ruolo di riscatto e di rivalsa storica, ha ora però la svolta verso la ricerca che vorrebbe poter dare a quest’antichissima civiltà anche una probabile scrittura

Ritroviamo nei documenti archeologici egiziani riferimenti ai “Popoli del Mare”, tra i quali gli Gli Shardana. Il termine Shardana (Srdn in geroglifico egiziano) ha una corrispondenza fonetica con l’antico nome dell’isola di Sardinia. Gli Shardana sono anche menzionati in una stele rinvenuta a Tanis, in Egitto, La Stele II, chiamata anche La Stele degli Sherdan. Durante la battaglia di Qadesh (1275 a. C.) 520 soldati del Popolo del Mare Srdn, sono indicati come guardia personale del faraone Ramesse II. I guerrieri del “Popolo del Mare” erano raffigurati con scudi circolari, un elmetto con piccole corna e una lunga spada. Un armamento molto affine a quello dei Bronzetti Nuragici rivenuti in Sardegna. 

“Sardegna Isola Megalitica”, la mostra-evento che ha portato l’archeologia sarda attraverso l’Europa, dalla fine di giugno 2021 alla fine di settembre 2022, ha tra le sue testimonianze anche un documento forse destinato a rivoluzionare la storia della scrittura. Si tratta di Is Loccis-Santus, una delle prime attestazioni della scrittura dei nuragici. È una lamina di scisto bruno che contiene dei logogrammi, dei pittogrammi e dei segni lineari di un alfabeto consonantico arcaico. L'importanza e preziosità inestimabile dell'oggetto di Is Loccis-Santus è che l'analisi paleografica e linguistica rileva il nome del sostantivo "bidente" - b d n t -, parola sarda nuragica la Bipenne, simbolo della divinità astrale. 

Sembra un’insignificante inezia, vero? No, potrebbe essere la punta di un meraviglioso iceberg finora ignorato. Il testo potrebbe provare la presenza nell'Isola di una base linguistica sarda-indoeuropea, preesistente alle dominazioni cananee, sinaitiche, fenicio-puniche e romane. Insomma il sardo sarebbe una lingua sorella e non figlia del latino, dello stesso ceppo del greco, del germanico, del sanscrito, ecc.  Una finestra aperta nel buio più totale, attraverso la quale si potrebbe cominciare a “leggere” la civiltà della Sardegna nuragica. 

Un buio però che con Il Vaso di Dueno, il linguista Bartolomeo Porcheddu, docente a contratto di Laboratorio di lingua sarda all’Università di Cagliari, aveva già tentato di illuminare quando dichiarò che: “Il più antico documento latino è scritto in sardo. Il Vaso di Dueno è un oggetto parlante. E ancora: “… il sardo per anni è stata la lingua internazionale del Mediterraneo. Nel 600 a.C. siamo in una fase di declino della civiltà nuragica, ma l'influenza della lingua è ancora fortissima. Il latino che poi sarà utilizzato verrà costruito a tavolino proprio sulla base del sardo, lingua alla quale saranno applicati i casi greci".  "Nessuno se ne è accorto per duemila anni, perché nessuno si è soffermato sullo studio comparato tra latino e sardo"

“Ogni linguaggio è un alfabeto di simboli il cui uso presuppone un passato che gl’interlocutori condividono.” (Jorge Luis Borges)

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di Daniela Toti

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