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Nuraghi: Antiche Presenze In Sardegna

"Nell'ultima parte del II millennio a.C. nell'Età del Bronzo, si sviluppò nell'isola della Sardegna un particolare tipo di struttura chiamata oggi nuraghe. Il complesso è costituito da torri circolari in forma di tronco di cono, realizzate con pietre di notevoli dimensioni (progressivamente più piccole man mano che aumenta l'altezza), con camere interne voltate a pseudo-cupola. Il complesso di Barumini, che fu ingrandito e rinforzato nella prima metà del I millennio, è il più bello ed il più completo esempio di questa straordinaria forma di architettura preistorica [...] considerando il nuraghe [...] una eccezionale risposta alle condizioni politiche e sociali facendo un uso creativo e innovativo dei materiali e delle tecniche disponibili presso la comunità preistorica dell'isola."

Questa è stata la presentazione con cui l’UNESCO, nel 1997 riconobbe  i nuraghi - di cui Su Nuraxi', il Complesso Nuragico di Barumini è stato scelto a rappresentarne il vasto patrimonio - come Patrimonio dell'Umanità:

Le  motivazioni, scelte tra i dieci criteri stabiliti e descritti delle Linee Guida per l'applicazione della Convenzione del Patrimonio Mondiale, sono:

  • (i) - rappresentare un capolavoro del genio creativo dell'uomo;
  • (iii) - essere testimonianza unica o eccezionale di una tradizione culturale o di una civiltà vivente o scomparsa;
  • (iv) - costituire un esempio straordinario di un tipo edilizio, di un insieme architettonico o tecnologico, o di un paesaggio, che illustri una o più importanti fasi nella storia umana.

Quale introduzione più autorevole per parlare dei Nuraghi sardi? 

Costruzioni in pietra di forma tronco conica presenti su tutto il territorio della Sardegna, rappresentano la civiltà nuragica, dai quali prende il nome. La radice Nur della parola nuraghe significherebbe "mucchio di pietre, mucchio cavo". 

Si parla della presenza di sette/ottomila nuraghi (circa uno ogni 3 km²) in tutta l’Isola. Si calcola che siano stati realizzati non meno di 10.000 e furono costruiti nel II millennio a.C., a partire dal 1800 a.C. fino al 1100 a.C. Negli ultimi 150 anni, soprattutto dopo l'emanazione nel 1823 dell'Editto delle Chiudende, che autorizzando la recinzione dei terreni, da proprietà collettiva divennero proprietà privata, i nuraghi divennero fonte di approvvigionamento  per i muretti a secco che ancora oggi caratterizzano il paesaggio sardo.

Per descrivere i nuraghi, cosa non facile vista la grande varietà delle costruzioni, si potrebbe azzardare una divisione tra il protonuraghe, o nuraghe "a corridoio", con spazi sullo stesso piano e il nuraghe "a thòlos", che rappresenta la maggioranza;  singole costruzioni megalitiche a tronco di cono con uno o più ambienti interni, anche sovrapposti e coperti a thòlos, che in archeologia indica una sala circolare, coperta con una cupola formata da anelli di pietre che salendo si riducono gradualmente, andando a chiudersi. All’ interno, oltre agli ambienti circolari ogivali spesso ci sono camere più piccole,  come nicchie, magazzini, silos. Alle volte intorno alla torre principale furono aggiunte altre strutture come fortificazioni con ulteriori torri e mura. Le mura del nuraghe sono solide e possono essere spesse quattro o cinque metri, con un diametro esterno fino a trenta-cinquanta metri alla base, scalando poi con l'aumentare dell'altezza alle volte fino a venti metri. Per la maggior parte furono costruiti in punti dominanti, su un promontorio, ai bordi di un altopiano oppure all'accesso di una valle o vicino alle coste, ma sorgono anche nelle pianure. Alcuni villaggi nuragici  sorgono isolati, mentre altri sono collegati tra di loro da muri di recinzione che racchiudono le capanne. Le popolazioni nuragiche spesso abitavano in villaggi addossati alle torri principali. Erano per lo più insiemi di semplici capanne con il tetto di tronchi e rami, intonacate all'interno con del fango o argilla, e a volte isolate con sughero. Nell'ultima fase della civiltà nuragica si sviluppano capanne a settori affacciati su un cortiletto spesso dotato di un forno per il pane. Caratteristiche sono le capanne delle riunioni, con un  sedile in pietra tutt’attorno, probabilmente per le assemblee delle autorità del villaggio.

Non è ancora stato enunciata un’idea unanime sulla funzione dei nuraghi, che è da sempre al centro di  controversie tra storici e archeologi. Avevano una funzione militare? Furono semplici torri di avvistamento, oppure tombe monumentali? Luoghi sacri, abitazioni, ricoveri per gli animali, officine oppure osservatori astronomici? Lo studioso Mauro Peppino Zedda dice giustamente che la domanda “Qual era la funzione dei nuraghi?” sia mal posta perché “non è possibile che settemila costruzioni diverse avessero tutte la stessa funzione”. 

L’Ipotesi militare sostiene che il carattere fortilizio del nuraghe, che le mura spesse dovevano sostenere all'urto dei "krioforoi", gli arieti di sfondamento usati dai cartaginesi nelle battaglie contro i sardi. L’altezza delle torri isolate consentiva di poter usare i nuraghi come torri di avvistamento o, dislocati mantenendo un contatto visivo tra loro, potevano definire i confini. Alcuni sostengono che fossero le residenze di "re" o "capi clan”.

L’ipotesi votiva e religiosa è un’alternativa a quella militare. A riprova di questa tesi potrebbe essere l’uso di nomi di molti nuraghi che si chiamano "Sa Tumba" di Olbia, "Tumboni" di Girasole, "Su Tumbone", Florinas, "Su Masuleu", San Nicolò Gerrei, "Losa" di Abbasanta legati al culto dei morti sono "De Su Perdonu" a Nulvi, "Purgatoriu", Dorgali, "De Is Animas", Santadi, "S'Inferru" Sassari. Anche il termine "Domo 'e s'Orcu" (casa dell'Orco), che  denomina circa una quarantina di nuraghi e che richiamerebbe a Plutone, divinità latina dei morti.

L’ipotesi astronomica è un’interessante teoria presa in considerazione in seguito alla loro disposizione sul territorio in  allineamenti con gli astri, e, sempre secondo Mauro Peppino Zedda abitati da sacerdoti astronomi, avvalorando la teoria che ne combinerebbe l’uso astronomico e religioso. Lo studioso sostiene infatti che dalle torri del nuraghe Santu Antine era possibile osservare il sorgere del sole sia al solstizio invernale sia al solstizio estivo, e dalle stesse si poteva osservare - sempre ai solstizi - il tramonto del sole. Secondo lo studioso dal nuraghe Santu Antine "gli antichi Sardi erano in grado di stabilire la scansione temporale delle stagioni e avevano riferimenti spaziali sulla terra".

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di Daniela Toti

Nella foto: il Nuraghe La Prisgiona di Arzachena, a soli 30 minuti dal Gabbiano Azzurro Hotel & Suites

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