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Canti Di Sardegna

Durante le meravigliose vacanze trascorse al Gabbiano Azzurro Hotel & Suites, i canti di Sardegna sono un’esperienza da portare a casa perché è come il sole: indugia sulla pelle e rimane poi nel cuore.

Il poeta sardo Alberto Masala in un suo scritto ricorda l’abitudine in Sardegna di andare ad ascoltare in piazza i poeti che cantavano: Io sono sardo. Ed ancora conservo il ricordo di quando mia nonna mi portava dopo cena in piazza a sentir cantare i poeti. Con la sedia sulla testa ci s’incamminava per la via principale del villaggio in un corteo che man mano s’infoltiva sempre di più, come formiche. Tutti con la sedia sulla testa.

Che bella questa scena del passato che ci riporta alla Sardegna della tradizione dove il canto era una parte importante della comunità locale, "sa bidda", al senso di appartenenza, all'essere sardi.

Oggi le voci di questi poeti, i tenores, si possono ascoltare alle feste paesane perché persiste la tradizione di cantare a sa repentina e a battorinas (poesia estemporanea in musica) o,  in base ai luoghi, l’ottava logudorese, i mutos, la cantada campidanesa. L’emozione che si prova nell’ascoltare questi canti, queste melodie cadenzate è maggiore per chi – fortunato – conosce i dialetti sardi e quindi capisce tutto l’universo che viene raccontato in quei suoni.

Nella parte centro-settentrionale della Sardegna, il Logudoro, prevale il canto solistico con la chitarra, mentre nel Campidanese il canto è accompagnato dalle launeddas, strumento di origine antichissima formato da tre canne, una per il basso, una per l’accompagnamento e una per la melodia, la cui accordatura è fatta avvalendosi della cera d’api. In Barbagia prevale il canto a tenore, uno stile di canto corale della tradizione sarda sia come espressione artistica autoctona, sia come espressione del mondo agro-pastorale, gruppo sociale fortemente rappresentativo dell’isola.  Il canto a tenore nel 2005 è stato inserito dall'UNESCO tra i Patrimoni orali e immateriali dell'umanità ed è perciò considerato "Patrimonio intangibile dell'Umanità", data la sua unicità e bellezza. Le origini del canto a tenore sono approssimate, potrebbero risalire all'epoca pre-cristiana se non addirittura al periodo nuragico. Sembra che il canto a tenore riproduca le voci della natura: su bassu imiterebbe il muggito del bue, sa contra il belato della pecora e sa mesu hoche il verso dell'agnello, mentre il solista sa boche impersona l'uomo che domina la natura. Per repertori di tipo religioso viene usato il canto a più voci, sia nel Logudoro, in Gallura e nel Sassarese.

Ma la musica sarda tradizionale ha voluto aggiornarsi con Gigi Sanna, (vedi link Sa Paradura: L'Unione Fa La Forza) appassionato di musica, il leader del gruppo gli Istentales e autore della maggioranza dei loro testi e musiche.

Sanna ha creato un caso musicale nato nel suo ovile, perché Gigi Sanna oltre ad essere la voce del gruppo fa il pastore.  Il nome del gruppo – Istentales – in sardo indica un piccolo gruppo di stelle della costellazione di Orione che i pastori sardi usano come riferimento nelle notti stellate.

Gli Istentales dividono gli amanti del folk a del pop con la loro musica etno, ma il pubblico li adora e le loro esibizioni fanno il pieno.

"[...] la nota del tenore, d’una sonorità selvaggia, pareva venir di lontano, da una foresta primordiale, ove un fauno s’era svegliato cantando. Intorno ai cantori, il circolo dei ballerini animati dalla caratteristica musica vocale, saltava e strisciava, serpeggiante, ora restringendosi, ora allargandosi; qualche giovinotto emetteva di tanto in tanto un grido selvaggio, di gioia un po’ beffarda, e i cantori proseguivano il loro strano: “ Bimbaràmbàra mbài, bimbarambòi” - (Grazia Deledda - La via del male -1906) 

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di Daniela Toti

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