Il Vetro Nuragico 0 Comments
…c’era già un secolo prima di quello mesopotamico ed egizio?
Secondo Plinio il Vecchio, uomo di un'insaziabile curiosità che fece molti studi e scrisse molte opere, il primo utilizzo di materiale vetroso risale intorno al 1.600 a.C. in Mesopotamia e intorno al 1500-1400 a. C. in Egitto.
In un recente scavo per il recupero del sito archeologico del Nuraghe a corridoio Conca e Sa Cresia, è venuto però alla luce una parte del nuraghe, rimasta nascosta perché coperta da un crollo. Si tratta di un’area evidentemente artigianale, in cui è stato ritrovato, tra molti reperti, un crogiuolo in frantumi per la fusione del vetro. L’analisi chimica della sostanza trovata nelle pareti e nel fondo del vaso, usato per fondere ad alte temperature quarzo e sabbie silicee, ha portato il risultato che si tratta di vetro primario.
Furono quindi i sardi nuragici i primi a produrlo, non solo in Italia ma nell’interno bacino del Mediterraneo, almeno un paio di secoli prima degli egizi, ritenuti fino ad oggi i primi scopritori del materiale vetroso. "C'era in questa ceramica uno strato vitreo, amorfo, che dal punto di vista tipologico era completamente diverso da tutte le altre domestiche". aggiunge l'archeologa e geologa Giusi Gradoli che, insieme a Emily Holt (archeologa dell'Università di Cardiff) e Mauro Perra (direttore degli scavi) lo hanno definito il più antico sito di produzione di vetro primario al mondo, datandolo intorno al 1700 a.C.
Il sito si trova a Siddi, Provincia del Medio Campidano, che dista dal Gabbiano Azzurro Hotel & Suites 251 km - 2h47m (52km - 45 m da Oristano).
Ancora una volta l’avanzamento tecnologico dei protosardi, troppo spesso sottovalutato nelle aule accademiche italiane ed internazionali, dimostra di avere un ruolo importante nella storia. Il fatto che la civiltà̀ nuragica, ancora agli albori della sua esistenza, producesse vetro primario già̀ intorno al 1700 a.C., potrebbe, secondo la Dottoressa Emily Holt, “rivoluzionare le nostre conoscenze dell’epoca, non solo in Sardegna, e porre nuovi quesiti su una classe intera di manufatti dell’età̀ del Bronzo. Manufatti che si sono creduti importati in Sardegna fino a questo momento potrebbero invece essere stati prodotti dalle popolazioni locali”.
Una meravigliosa scoperta, quella di Conca e Sa Cresia, che conferisce un altro “punto di luce” alla Sardegna nuragica. Il bello del vetro è che, essendo un materiale non deperibile, fissa la verità nella sua struttura molecolare, e quello di Siddi è stato sottoposto alla datazione radiometrica della quantità residua del carbonio-14 presente nel crogiuolo.
Parafrasando Teresa di Lisieux, l’anima della Sardegna nuragica è maturata nel crogiuolo delle prove esteriori ed interiori…
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di Daniela Toti
Nella foto: il sito nuragico di Tamuli (foto di Laura Mor)
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