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La Candelora in Sardegna

Il 2 febbraio la Chiesa Cattolica festeggia la Candelora. Si benedicono le candele, simbolo di Cristo "luce per illuminare le genti", come venne chiamato il bambino Gesù dal vecchio Simeone al momento della sua presentazione al Tempio di Gerusalemme secondo quanto prevede la legge ebraica sul primogenito maschio, unitamente alla purificazione rituale di sua Madre Maria, nel quarantesimo giorno dalla nascita. 

Nella Roma antica febbraio era il “mensis februarius” (da “februo”, purificare), consacrato alla Dea Iunio Februata, Giunone Purificatrice, e dedicato alla purificazione delle cose e degli uomini, e dei rituali di redenzione delle anime dei defunti che, per essere allontanate dal mondo dei vivi dovevano essere appagate, anche con “pane inzuppato di vino misto a viole” come ci racconta Ovidio. I riti iniziavano alle calende del mese col rito della Februatio, processioni di luce di fanciulle che giravano per Roma tenendo in mano purificanti candele accese.

Nei paesi celtici la Dea Brigid, che simboleggia il tempo di Imbolc (indicativamente il periodo dal 31 gennaio al 2 febbraio) è anche detta la Dea della Luce, Protettrice delle Sorgenti e Signora del Fuoco trasformativo della purificazione. Il pane era caro a Brigid come ad altre dee, simbolo del ciclo vitale Era tradizione celebrare la festa accendendo lumini e candele.

La chiesa Cattolica unificò alla fine  il tutto nella “Candelora” e designò il 2 febbraio come la festa non solo della presentazione di Gesù nel Tempio, ma anche della purificazione della Vergine e delle candele e della luce… e del pane spesso presente nel mondo cristiano festeggiando la Candelora.

Quante coincidenze nei festeggiamenti in febbraio per Maria, per Brigit e per Iunio Februata: 

- purificazione,

- candele,

- luce, 

- pane. 

Come in Sardegna, dove ci sono “i giorni del pane dolce” quelli che da metà gennaio alla Candelora profumano le cucine e le strade di Perdasdefogu, nel nuorese, dell’impasto di farina di grano duro mista a spezie, lasciato quindici giorni per lievitare sotto coperte di lana, cotto poi nei forni a legna dopo essere stato spennellato di “Su conciu”, un liquido denso fatto con di vino da messa, miele e zucchero e inciso con una croce nella parte alta per dichiararne la sacralità. Non solo benedizione di candele, dunque.

È interessante la preparazione del forno con sterpi di cisto, rametti di leccio rinsecchito, ramaglie di alaterno erica e viburno, la brace da tronchetti o radici di lentisco o corbezzolo, profumando le strade del paese di erbe aromatiche e spezie. 

È un unicum in Sardegna e in Europa, aveva detto Cirese, il padre dell'antropologia sarda. Non è panforte, né “pani 'e saba” né “pabassinu”, non gli “ossus de mortu” del Campidano, né come il pane del nord Europa. Ha una pasta compatta e un aspetto goloso con un caramellato tra color noce e castagno ottenuto dal liquido spalmato a fine cottura. È pane sacro, benedetto, quindi si dona a chi si ama e si rispetta. Il pane donato rappresenta il risveglio della luce, la purificazione. Lo si distribuisce in fette sottili, alla fine del rito della Candelora. E si conserva nella madia di casa, facendolo durare nel tempo. 

Molto bello a vedersi è il pani froriu (fiorito) che preparano, in occasione della Candelora, a Villamassargia, nel sud della Sardegna, una tradizione che passa di madre in figlia, e le manus bellas, (mani belle) raggiungono un esito finale che è un capolavoro artistico senza pari. Il pani froriu si prepara anche per i matrimoni e in quel caso è ricco di simboli auguranti fertilità, abbondanza, fortuna e salute.

Fare il pane in casa, come tuttora si usa in moltissime case anche borghesi delle province italiane, non è una cosa facile e semplice quale si potrebbe credere. Mia madre, nella nostra casa di Nuoro, giunto il momento d’iniziare la faccenda, prendeva un aspetto più del solito attento, serio, quasi sacerdotale.(Grazia Deledda)

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di Daniela Toti

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