Casu Marzu 0 Comments
In Sardegna si mangia da secoli. Esattamente da quando una forma di pecorino fu accidentalmente adottata da una mosca per deporvi le sue uova. Grazie alla curiosità di quel pastore che provò ad assaggiare quel formaggio, nonostante, noi oggi siamo qui a parlarne.
Il Casu Marzu, letteralmente il “formaggio marcio” in dialetto sardo, è un formaggio pecorino colonizzato dalle larve delle mosche, prodotto da secoli dai pastori sardi. Per produrlo, si aspetta che il formaggio sia relativamente giovane con la prima crosta. Lasciando le forme in un ambiente buio e areato, vengono praticati dei tagli sulla superficie – o “scoperchiata” la forma – per favorire l’accesso agli insetti.
La Piophila casei (la mosca casearia) trova il taglio e vi depone le uova. Ha pochissimo tempo per farlo perché ha un brevissimo ciclo di vita e morirà subito dopo la posa. Le larve traggono nutrimento all’interno della forma e scavano lunghe gallerie nel formaggio regalando i loro enzimi al formaggio. Una volta maturo, il formaggio è un composto di crema omogenea di colore gialliccio.
Ma attenzione, perché questo formaggio è finito sulla CNN in un reportage intitolato “Il formaggio più pericoloso al mondo”, dopo di che nel 2009 è stato sancito ufficialmente dal Guinness dei Primati.
C’è infatti chi sostiene che i vermi potrebbero sopravvivere alla masticazione e causare danni all’intestino, sebbene i sardi affermino che non esiste alcun caso che documenti questa eventualità. Giovanni Fancello, giornalista, scrittore e gastronomo sardo, ha aggiunto: “Abbiamo sempre mangiato vermi. Ne hanno parlato anche Plinio il Vecchio e Aristotele”.
La produzione e la commercializzazione del Casu Marzu è vietata dalle norme italiane ed europee già da anni, con l’art. 5 della legge 283/1962. La multa per chi vende il Casu Marzu può arrivare fino a 50 mila euro.
Nel 2005 alcuni produttori caseari sardi, in collaborazione con la facoltà di Veterinaria dell’Università di Sassari, per procedere verso la legalizzazione del Casu Marzu, hanno incaricato l’istituto di Entomologia agraria di Sassari di realizzare in laboratorio un allevamento di Piophila casei, al fine di dimostrare che il processo può avvenire anche in modo controllato, e quindi produrre questo formaggio legalmente e con le adeguate garanzie igieniche. I ricercatori, e non solo, confidano ora che l’UE si esprima a favore della legalizzazione del Casu Marzu.
Mentre le norme tecniche dell’UE vietano la sua commercializzazione, nel contempo il Casu Marzu rientra nei Prodotti Agroalimentari Tradizionali Italiani, cosa che crea un limbo legislativo. Ora la Regione Sardegna per proteggere il prodotto ha chiesto all'UE il marchio DOP per tutelarne la denominazione d'origine “Casu Martzu” e salvaguardarlo dalla pirateria alimentare.
Recentemente, con l’apertura dell’UE di gennaio 2023 all’entomofagia, di cui abbiamo parlato nell'articolo "Cosa Mangiavano i Nuragici?" è stata fatta un’interrogazione parlamentare che chiede al ministero competente di intraprendere iniziative anche a livello europeo per consentire la produzione e la commercializzazione del Casu Marzu, utilizzando criteri e norme più moderne ed igieniche.
Confesso: io ho assaggiato il Casu Marzu. L’ho fatto per scriverci il blog e per la curiosità di capire di cosa sto scrivendo. Ovviamente non potendolo trovare sulla tavola del Gabbiano Azzurro Hotel & Suites, per ovvi motivi di permessi negati dalla legge, sono riuscita a trovarlo rivolgendomi al cugino del cognato del parente di… ebbene, ha un sapore intenso e speziato, con ricordi dei pascoli mediterranei. Ammetto che ho poi bevuto un meraviglioso cannonau, altrimenti il retrogusto forse sarebbe rimasto per ore.
“C’era una tavola apparecchiata, con un canestro ricolmo di quel caratteristico pane sardo detto carta di musica e un intero formaggio marcio, da un buco del quale scappavano saltellando piccoli vermi bianchi che sembravano molto allegri e birichini…” (Grazia Deledda – Edera)
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Di Daniela Toti
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