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Monte D'Accoddi

A meno di sei chilometri dalla Necropoli Di Su Crucifissu Mannu, c’è il tempio a Ziqqurat di Monte d’Accoddi, vicino a Porto Torres, a 134 km dal Gabbiano Azzurro Hotel & Suites, raggiungibile in 1h e 40m. È un altare di epoca pre nuragica a forma tronco-piramidale usato per il culto della fertilità della Terra, un unicum in Europa. 

Come già successo per il Su Nuraxi': il Complesso Nuragico di Barumini  (1500-1400 a.C. circa) che prima di rivelarsi nella sua grandiosità dopo gli scavi, effettuati tra il 1950 e il 1957, si presentava come un’anonima altura collinare, l’altare di Monte d’Accoddi fu scoperto casualmente nel 1954 da Ercole Contu, che fu incuriosito da una collinetta in una zona totalmente pianeggiante. Gli scavi conseguenti portarono alla luce un antico tesoro unico non solo in Europa, ma in tutto il bacino del Mediterraneo, per la sua tipica struttura architettonica Ziqqurat così simile a quelle mesopotamiche. Infatti il nome Monte d’Accoddi nei vecchi catasti è indicato come Monte de Code, ossia Collina delle Pietre (da coda = pietra).

Ma cercare modelli nel vicino oriente non deve essere fuorviante, almeno secondo il primo scopritore dell’altare, Ercole Contu, che disse: “...con uguali propositi, mezzi e necessità, in tempi e luoghi diversi, gli uomini possono aver creato cose somiglianti e allo stesso tempo straordinarie e meravigliose senza che esse avessero nessun vero rapporto fra loro. Perciò non è errato parlare di “miracolo” per il monumento di Monte d’Accoddi!” 

Non si sa esattamente chi lo costruì. Gli storici, aiutati dalle analisi del carbonio radioattivo, hanno datato la parte più antica di Monte d’Accoddi nel Neolitico Recente, tra il 3.200 e il 2.700 a.C: milleseicento anni prima dei più antichi nuraghi! Attorno allo Ziqqurat ci sono i resti di un villaggio di capanne quadrangolari, di pietre sacrificali e due reperti a forma sferica che potrebbero raffigurare il sole e la luna.

La terrazza in cima allo Ziqqurat era il punto di incontro tra uomo e divinità. Pare che ospitasse al suo interno un vano dove il sacerdote si accoppiava ogni anno con una vergine per compiere il rito della “fertilità della Terra”. Ovviamente più che storia questa è solo un’ipotesi, perché essendoci un reale pericolo di crollo finora nessuno ha scavato al suo interno. 

Sono state rinvenute alcune lastre in pietra con sette fori attorno che potrebbero essere state usate per legare le vittime dei sacrificali, presumibilmente dei bovini. 

Per capire i motivi per cui si praticavano rituali in costruzioni così straordinarie, l’uso dei loro spazi, dovremmo considerare queste opere antiche non solo come dei silenziosi e immobili monumenti ma studiare le dinamiche delle loro finalità. Avevamo visto che l’applicazione dell’ Archeoacustica potrebbe farci comprendere che il trapassato remoto non è muto, ma è sempre stato pieno di sonorità, messaggi per chi li volesse ascoltare. Chissà.

La frequentazione del sito continuò ancora a lungo, pare anche in epoca medievale come sembrerebbe far supporre un anello di bronzo con l’alfa e l’omega, il simbolo di Cristo nell’Apocalisse. Un uso sacro del luogo è in sincronia con la fusione di dottrine di origine diversa già individuate nei contesti della nostra Isola. Purtroppo durante la Seconda Guerra Mondiale, la contraerea scavò attorno allo Ziqqurat delle trincee, un danno irreparabile al sito. 

 

“Farai per me un altare di terra e, sopra, offrirai i tuoi olocausti e i tuoi sacrifici di comunione, le tue pecore e i tuoi buoi; in ogni luogo dove io vorrò ricordare il mio nome, verrò a te e ti benedirò.” Esodo XX, 24.

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di Daniela Toti

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