La Cappella Sistina Della Barbagia 0 Comments

La Cappella Sistina Della Barbagia

La Barbagia è il cuore della Sardegna, che occupa i versanti del massiccio montuoso Gennargentu. Il nome Barbagia le fu dato dai romani che, per la forte resistenza sarda, non erano riusciti a penetrare e conquistare come avevano fatto con le coste, da qui la definizione terra di barbarie

È invece un territorio ricco di tradizioni, tra le quali emerge il Canto a Tenore, patrimonio dell’Umanità Unesco. Sono molti i paesini arroccati sulle montagne e nei boschi della Barbagia, descritti nei romanzi di Grazia Deledda, tra cui Galtellì, Lollove  e, Bitti, Orosei, Fonni e altri ancora.

Ma se la Barbagia è il cuore della Sardegna, nel cuore della Barbagia c’è un piccolo prezioso borgo, Orune, che si raggiunge in 1 ora e 45 minuti, a 110 km dal Gabbiano Azzurro Hotel & Suites. Carlo Levi nel suo libro “Tutto il miele è finito” lo descrive così: È un paese antico e chiuso, dove permangono, forse più che in ogni altro, gli usi, le abitudini, i costumi, le tradizioni popolari più lontane, e l’intelligenza e il valore di una vita tanto più energica quanto più limitata, piena di capacità espressiva, di potenza individuale e di solitudine.”

Numerosi reperti archeologici sono attorno al borgo: Domus de Janas, Tombe dei Giganti, Nuraghi e Pozzi Sacri ci raccontano che l'area era già abitata in epoca Nuragica. Nel medioevo fece parte dei giudicati di Torres e Arborea, poi del Marchesato di Oristano ed infine nel 1478 sotto il dominio aragonese, fino al 1839 con la soppressione del sistema feudale. Fu proprio in quegli anni, tra il 1847 e il 1855, che venne costruita la chiesa di Santa Maria Maggiore, Nostra Segnora de sa Nivada, una delle chiese neoclassiche tra le più interessanti dell’isola, tant’è che viene anche chiamata La Cappella Sistina della Barbagia. Un tesoro che è stato riscoperto di recente e che merita una pagina nello spazio virtuale del nostro blog.

Guardandola dall’esterno, la sua lineare facciata neoclassica fa giustamente chiedere il perché dell’accostamento alla Cappella Sistina, ma entrando la spiegazione arriverà proprio dai meravigliosi affreschi realizzati dall’artista cagliaritano Antonio Caboni nel XIX secolo, che nello stile e nei colori e nelle poderose figure michelangiolesche ricordano quelli della Cappella Sistina pitturata dal Buonarroti a Roma quattro secoli prima. 

La sua bellezza però rimase nascosta per molti decadi perché l’interno della chiesa venne inspiegabilmente ridipinto di bianco nascondendo tutti gli affreschi. Fortunatamente nel 2003 si iniziò un restauro che durò otto anni e finalmente nel 2011, la bellezza dei colori e delle storie di scene evangeliche degli affreschi hanno legittimamente rivisto la luce. 

“Barbagia e granito, // ginepri contorti dal sole e dal gelo // è la mia terra indomita, // la terra di donne dal seno velato di scuro // e le mani di pietra // come la pelle degli uomini // sotto manti d'orbace // e velli di fiera domate dall'aratro”. (Vanna Flore)

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di Daniela Toti

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