Area Archeologica “Su Nuraxi Barumini” 0 Comments

Area Archeologica “Su Nuraxi Barumini”

Vicino alla Giara, nella Sardegna centro-meridionale, spunta il simbolo per eccellenza della civiltà nuragica, Su Nuraxi Barumini, un villaggio nuragico, il più imponente (e meglio conservato) tra i trenta siti nuragici baruminesi, nonché la più importante eredità che la civiltà “delle torri” ci abbia lasciato.

Ricordiamo che "nuraghe" significa “mucchio di pietre e cavità”, e indica un’architettura con mura turrite. Fino ad oggi in tutta l’isola sono stati censiti oltre 7000 nuraghi (fra torri singole e nuraghi complessi) e nel territorio di Barumini ne compaiono circa una trentina.

Come avevamo precedentemente raccontato nell’ articolo La Giara e i suoi cavallini, la Giara, “Sa Jara” in sardo, nella provincia del Medio Campidano, è una passeggiata di 244 km che si fa in tre ore partendo dal Gabbiano Azzurro Hotel & Suites. È un percorso un po’ lungo ma merita davvero, essendo l’unico sito sardo classificato dall'UNESCO come patrimonio mondiale dell'umanità nel 1997.

Il maestoso sito fu interamente scavato tra il 1950 e il 1957, sotto la supervisione dell’archeologo Giovanni Lilliu, un “padre” dell’archeologia sarda, portando alla luce importanti resti di utensili, di armi, di vasellame e di oggetti ornamentali.

Su Nuraxi Barumini, tutto in basalto, pietra vulcanica proveniente dal vicino parco della Giara, ha una stratificazione di duemila anni, dal XVI secolo a.C. al VII d.C. Una torre centrale (mastio) e quattro angolari collegati da un bastione, con tutto intorno una cinquantina di capanne, pozzi e cisterne, costituiscono il complesso. È uno dei villaggi nuragici più grandi della Sardegna.

Inizialmente era un nuraghe quadrilobato, cioè con un bastione di quattro torri angolari più una centrale, risalente al XVI-XIV secolo a.C., successivamente l'insediamento si è sviluppato tra il XIII e il VI secolo a.C. 

Le pareti sono in blocchi di pietra sovrapposti e le porte e finestre leggermente inclinate in modo da ridurre l'entrata di luce e diminuire il rischio di rottura dell'architrave, più spesso al centro e meno ai lati, perché sapevano che gli architravi si rompono al centro.

Quali fossero le funzioni del nuraghe si va per ipotesi come sempre nell’archeologia nuragica: torre di vedetta per sorvegliare campi coltivati e mandrie di armenti, ma anche parti di un complesso religioso.

Tutt’attorno venne costruito un villaggio nuragico che oggi è composto da una cinquantina di capanne, ma secondo Giovanni Lilliu, il numero delle capanne varia da 40 a 200, ipotizzando una tra 100 e 1000 abitanti. Tra le capanne rinvenute, la più grande e articolata è quella riservata agli incontri del capo, poi vi è la capanna riservata alle assemblee degli abitanti, ma forse anche ai riti religiosi visto che sono stati ritrovati simboli religiosi. Altri ambienti potrebbero essere stati officine, cucine e centri di lavorazione agricola. Successivamente, nella prima età del ferro (IX-VIII secolo a.C.) vennero costruite fognature e strade.

Durante il VI secolo a.C., Su Nuraxi Barumini soffrì di disfacimenti e successivamente fu ricostruita prima dai Cartaginesi, poi dai Romani e quindi abbandonata definitivamente perché nel V sec a.C. quando due culture diverse si incontrarono, a cui seguì un declino progressivo dell’insediamento con un derivante calo demografico.

Negli anni ‘90 durante i lavori di restauro di Casa Zapata, residenza dei baroni sardo-aragonesi, della metà del 1500, situata sopra il complesso nuragico. Venne alla luce un altro complesso nuragico: Su Nuraxi ‘e Cresia. La tutela e la valorizzazione, con l’obiettivo di promuovere questi eccezionali complessi, è affidata alla “Fondazione Barumini Sistema Cultura”, che oggi si avvale anche dell’apertura del nuovo “Centro di Comunicazione e Promozione del Patrimonio Culturale” dedicato all’archeologo Giovanni Lilliu.

 

“Nessun'altra espressione di architettura isolana dell'antichità, e pure di tempi a noi più vicini, palesa il senso di potenza, maestà, sforzo solidale e monumentale, religiosità che appare negli edifici nuragici”. (Giovanni Lilliu) 

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di Daniela Toti

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