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Necropoli Ipogeica Di Anghelu Ruju

La Necropoli Ipogeica Di Anghelu Ruju è un sito archeologico prenuragico candidato a Patrimonio dell’umanità Unesco delle Domus de Janas decorate della Sardegna, a 147 km dal Gabbiano Azzurro Hotel & Suites, un’ora e 50 minuti in macchina. 

Si tratta della più vasta necropoli della Sardegna prenuragica. Fu scoperta fortuitamente nel 1903 durante gli scavi nell'area della nota azienda vinicola di Sella&Mosca e prese il nome da Angelo Ruju, proprietario della tenuta in cui furono scoperte. La scoperta fu importante per molte cose, la cui principale è che si poté attribuire alla Cultura di Ozieri (o di San Michele), databile dal 4000 a.C. al 3300 a.C., più di cinquemila anni fa.

Si capisce il perché Alghero l’abbia candidata a Patrimonio dell’umanità Unesco: è la massima espressione sepolcrale preistorica di tutto il nord Sardegna. La Necropoli Ipogeica Di Anghelu Ruju si trova in una bellissima vallata situata a nord della città, in località I Piani, a 9 chilometri dal mare, dove scavando nell’arenaria sono state trovate 38 tombe, delle quali solo una è monocellulare mentre le altre sono più articolate ed una di esse ha fino ad undici vani. Si tratta di Domus de Janas, il più esteso complesso di tombe ipogee preistoriche della Sardegna settentrionale, al cui interno sono stati ritrovati persino i picchi di pietra antichi usati per scavarle. 

L’area occupa due zone: nella prima ci sono 7 tombe, mentre nella seconda, su una piccola collina, ce ne sono altre 31. Hanno due tipi d’ingresso: un tipo stretto “a pozzetto”, con una pianta irregolare e celle curvilinee, mentre l’altro a dromos, cioè con un corridoio a cielo aperto, con gradini all’ingresso, che conducono ad ipogei (tombe sotterranee) a pianta regolare e rettilinee. Hanno decorazioni riferite al culto dei defunti: protomi (elementi decorativi raffiguranti testa o parte del busto di una figura umana, animalesca o fantastica) e corna taurine, mentre false porte incise indicano l’ingresso nell’aldilà. In alcune parti la presenza di ocra rossa rappresenta la vita e la rinascita dopo la morte. La necropoli fu usata per 1500 anni; i vasi, le statuette della dea Madre e parti di collane rinvenuti permettono di datare la necropoli dal Neolitico Recente (che va dal 4200 al 3500 a.C. ca.), fino al Bronzo Antico (1800 a.C.).

L’architettura, oggi decorata alle pareti dal muschio, spesso si serve di dettagli suggeriti dalle case dei vivi (gradini, pilastri, cornici, finte architravi, false porte, false finestre, ecc.). All’interno venivano seppelliti i defunti con i loro oggetti e idoli femminili che dovevano accompagnarli nel viaggio verso l’Aldilà. È stato testimoniato da reperti che i vivi consumavano pasti funebri all’interno delle celle o agli ingressi delle tombe, quasi a stabilire un legame sempre presente con i propri defunti. È davvero un sito archeologico misterioso e affascinante, dove il rispetto del culto dei morti si percepisce intatto ancora oggi.

 

“Lo studio dell'antichità deve saper far parlare i documenti archeologici, dalle statue e dagli archi di trionfo ai più umili frammenti fittili, il loro eloquente linguaggio.” (Gaetano De Sanctis)

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di Daniela Toti

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