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La Befana, Sa Filonzàna

La Befana vien di notte… e arriva proprio nella notte dell'Epifania, in ricordo della "Manifestazione" del Bambino Gesù che si rivela al mondo, onorato dai tre Re Magi, con i loro doni.

In Sardegna oggi la Befana, “Sa femmina eccia” o “Sa baccucca eccia”, ha il volto da strega bonaria che vola a cavallo di una scopa e porta doni ai bambini buoni nella notte dell’Epifania, come in tutta Italia. Ma nel passato ha una storia affascinante.  

Già Eleonora D'Arborea si era occupata dell’Epifania nella sua “Carta de Logu” (carta del popolo) “il maggior monumento legislativo della Sardegna medievale”, dove si legge: Sa pasca de sa epiphania si clamat pasca nuntza”. La festa dell’Epifania si chiama festa dei Tre Re. Si nota l’influenza della festività catalana “de els tres reis che in Sardegna divenne anche “sa Pasca de is tres Reis”, i Re Magi.

La Befana? In realtà era Sa FilonzànaColei che taglia il filo dell’esistenza”. Una Parca, insomma, o una Fatae che gestisce il fato degli uomini. Contrariamente alla vecchina con il viso da strega beffarda e gioconda di oggi, la Befana nell’antichità era l’emblema della Morte che si presentava ai Carnevali ad indicare la morte dell’anno appena passato. 

Ecco Sa Filonzàna, la Jana-Fanesla Giana del Filo”, cioè la Parca che taglia il filo dell’esistenza del vecchio Anno, che non a caso è vestita da Befana. Ma la Befana sarda non porta doni! La leggenda narra infatti che “Sa Filonzàna” servisse in passato per far sì che la questua andasse a buon fine e a chi non le spalancava le porte della casa, la vecchia era pronta ad elargire ogni sorta di malaugurio.

Ritroveremo anche al corteo di Carnevale Sa Filonzàna, che segue claudicante la moltitudine di buoi e contadini con in mano il filo arrotolato nel fuso come vuole l’arte antica di filare la lana, ricordando che dispone della vita di ognuno, che potrà interrompere con un semplice taglio del filo del fuso.

Ma la tradizione dell’Epifania sarda passa sicuramente anche dalla cucina e dal forno. C’è il dolce della fortuna, quello che il 6 gennaio si prepara mescolando all’impasto dolce una fava, un cecio ed un fagiolo. Una volta cotto e servito in tavola, trovare nella propria fetta di dolce uno dei tre legumi si assicura la fortuna per tutto l’anno. Chi lo trova dovrà però pagare il dolce per tutti! Lo chiamano anche il “Dolce dei tre re” molto simile al dolce “Roscon de Reyes” catalano e la “Gallette des Rois” francese dove i tre legumi simboleggiano i tre re. Inoltre il 6 gennaio si preparano e si friggono in enormi padelle le sartàinas in grandi quantità le tzìppulas, le dolci frittelle che si vendono ovunque, si confezionano in ogni casa, si distribuiscono gratis.

E infine c’erano le due arance con delle incisioni fatte sulla scorza. I bambini bussavano a tutte le porte delle case del paese e mostrando le incisioni sulle arance chiedevano: "Nem' estrèna?" (nessun dono?) e alla domanda rispondevano i più generosi inserendo nelle incisioni una monetina in regalo.

 

“C’è un filo di lana che in Sardegna si dipana attraverso i millenni per intrecciare i cuori di donne speciali. Gira gira il fuso nelle mani della Filonzàna, il filo del destino si spezza e si riannoda seguendo una danza imprevedibile che non può essere arrestata”. (Vanessa Roggeri)

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di Daniela Toti

Photo di Matteo Carta

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